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Primo Piano

La sfida di Martina: un nuovo modello di agricoltura

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali illustra i punti chiave del suo programma per il rilancio del settore primario. Efficienza nell'uso dei finanziamenti, misure specifiche per le nuove imprese, una politica per la meccanizzazione i punti qualificanti di un piano che vuole restituire all'agricoltura competitività, e un'immagine "vincente"

di Girolamo Rossi
ottobre - novembre 2014 | Back

La crisi in cui versa il settore agricolo richiede un’attenzione particolare, e una strategia d’attacco. Il Governo ha messo in campo un pacchetto di misure per il rinnovamento delle aziende e lavora su più fronti, dal sostegno all’imprenditoria giovanile alle funzioni ambientali e di presidio del territorio. D’altra parte, l’evento di EXPO 2015 porterà in evidenza il rapporto tra agricoltura e alimentazione, mettendo sotto i riflettori i valori, ma anche i problemi, del nostro sistema agroalimentare.

Signor Ministro, la guida del semestre europeo porta il mondo politico italiano a stretto contatto con la realtà dell’Unione e dei Paesi membri. Come valuta le condizioni della nostra agricoltura nel confronto con quella degli altri Paesi?

Il sistema agricolo italiano ha molti punti di forza e alcune criticità che stiamo affrontando, attuando misure concrete che consentano all’intero settore di compiere un importante salto di qualità. L’obiettivo primario è favorire la nascita di nuove imprese e quindi anche la possibilità di creare occupazione. Per ottenere questi risultati abbiamo affrontato il tema del lavoro, delle semplificazioni e dell’aumento della competitività delle nostre aziende. Con il pacchetto Campolibero” all’interno della Legge Competitività diamo le prime risposte operative. Tra le misure del decreto, si prevede in particolare un credito d’imposta al 40% per nuove reti d’impresa e per l’innovazione con investimenti fino a 400 mila euro, e quello per la creazione di piattaforme e-commerce con investimenti fino a 50 mila euro.

Il tema del lavoro, e in particolare del lavoro giovanile, è al centro dell’azione del Governo. Quali prospettive occupazionali offre oggi l’agricoltura, e quali sono gli strumenti che possono agevolare l’imprenditoria giovanile in questo settore?

Promuovere l’imprenditoria giovanile in agricoltura è uno dei nostri obiettivi principali. Sempre con “Campolibero” interveniamo per favorire l’occupazione dei giovani nel settore agricolo. Ad esempio, abbiamo previsto mutui a tasso zero per le imprese agricole condotte da under 40, detrazioni per l’affitto dei terreni al 19% per giovani agricoltori diretti e imprenditori agricoli fino a 35 anni, incentivi all’assunzione di giovani attraverso lo sgravio di 1/3 del costo del lavoro per le imprese. Con i fondi della nuova programmazione della Politica agricola comune, poi, diamo 80 milioni di euro all’anno per l’incremento del 25% degli aiuti diretti alle imprese condotte da under 40. Ci sono moltissimi giovani che scelgono gli studi legati al settore, con un boom di iscrizioni ad agraria, a loro dobbiamo dare risposte immediate. Penso che l’agroalimentare possa davvero dare un contributo importante nella lotta alla disoccupazione giovanile.

Il grande evento di EXPO 2015 è centrato sul tema della nutrizione e delle filiere agroalimentari, dalla produzione sino al consumo. Dal punto di vista culturale è dunque l’occasione per avvicinare il grande pubblico al mondo dell’agricoltura; ma dal punto di vista politico qual è il messaggio?

Il messaggio più importante dell’Esposizione universale riguarda la sfida più grande che abbiamo davanti a noi nei prossimi anni: come attuare politiche concrete per garantire cibo sano, sufficiente e sicuro ad una popolazione mondiale che nel 2050 arriverà a toccare i 9 miliardi di persone. A Milano per sei mesi ci confronteremo con oltre 140 Paesi su temi centrali per l’agenda globale, come la sicurezza alimentare e la lotta agli sprechi. Expo 2015 sarà un evento dal potenziale enorme, una piattaforma che consentirà di discutere anche di modelli agricoli sostenibili, delle migliori pratiche per garantire l’accesso a cibo e acqua nei prossimi decenni. Vogliamo costruire una piattaforma di confronto utile per arrivare pronti al grande appuntamento di fine 2015 con l’aggiornamento degli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite.

Le cronache recenti riportano in primo piano il problema del dissesto idrogeologico e della mancata manutenzione delle aree rurali. Quali strategie si possono mettere in atto per dare all’agricoltura una funzione di effettivo presidio sul territorio, e per collegarla alle strategie per l’ambiente e per la protezione civile?

Quanto accaduto recentemente a Genova e in altre zone d’Italia evidenzia la fragilità del territorio italiano. Credo sia chiaro che il nostro Paese, sul piano della tutela del territorio, abbia ancora molto da fare. Per aiutare le aziende colpite dalle ultime ondate di maltempo, abbiamo anticipato i pagamenti a un milione di imprese agricole per circa 1,4 miliardi di euro, con un anticipo di circa due mesi. Sono risorse importanti, che potranno essere utilizzate in alcuni casi per far ripartire le imprese, perché siamo consapevoli che il primo presidio contro il dissesto idrogeologico è costituito proprio dalla buona agricoltura. Servono anche norme stringenti per contenere la cementificazione. Abbiamo chiesto alla Presidente della Camera di accelerare l’esame del provvedimento sul Contenimento del consumo del suolo e sul riuso di quello edificato. Una norma che va approvata entro l’anno. Inoltre, stiamo lavorando ad un Piano di gestione del rischio con i nuovi fondi Pac, con uno stanziamento fino al 2020 di 1,6 miliardi di euro.

Il mercato della meccanizzazione agricola registra da sette anni a questa parte cali molto consistenti. Le attuali 19 mila trattrici annue che vengo immatricolate nel nostro Paese sono quasi la metà di quelle immatricolate in Francia o in Germania. Questo nuoce all’industria delle macchine ma nello stesso tempo indebolisce il sistema agricolo….

La crisi ha colpito duramente il settore e non solo in Italia, ma da noi gli effetti si sono evidenziati ancora di più. Nella scorsa programmazione sono stati destinati all’ammodernamento delle aziende agricole più di 3 miliardi di euro, compresi gli interventi per il parco macchine. Al momento la spesa è arrivata al 72% e dobbiamo cercare entro il 2015 di utilizzare al meglio le risorse. Non è più tempo di perdere i fondi comunitari. Per il periodo fino al 2020, poi, abbiamo circa 6 miliardi di euro per investimenti in immobilizzazioni materiali. Vogliamo usare queste risorse per rilanciare la competitività, la redditività delle aziende e superare alcuni gap strutturali. Non c’è dubbio che il futuro della nostra agricoltura passi per l’innovazione e il rinnovo tecnologico delle macchine a disposizione delle imprese.

Il mercato della meccanizzazione agricola è stato sostenuto, in passato, con i provvedimenti per la rottamazione. Questo tipo di intervento, tuttavia, comporta il rischio di drogare il mercato creando squilibri successivi. Quali provvedimenti si possono dunque studiare per inserire la meccanizzazione come elemento strutturale delle politiche e dei finanziamenti per l’agricoltura?

La meccanizzazione deve tornare un punto strategico nel piano complessivo dello sviluppo del settore agricolo. C’è bisogno per questo di interventi sostenibili anche sul medio lungo periodo. Stiamo lavorando ad una strategia che poggia su più strumenti. A livello nazionale come Ministero faremo una proposta di convenzione tra Mipaaf, ABI e Regioni sul possibile uso dei finanziamenti europei, diretti al rinnovo del parco macchine agricole, anche per la parte non finanziata che rimane a carico dell’impresa, mediante facilitazioni aggiuntive sul piano del prezzo di acquisto e delle condizioni di finanziamento degli istituti di credito. Presenteremo nelle prossime settimane la bozza che sarà discussa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Insieme agli investimenti dei PSR, poi, vanno considerati gli interventi che si possono attuare nell’ambito dei fondi di sviluppo regionali. Penso ad esempio al sostegno alle esportazioni che può contare su oltre 455 milioni di euro e dove si può trovare spazio.

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