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Relazioni commerciali: garanzie e strumenti di pagamento

Il sistema bancario dei Paesi della penisola arabica è composto da istituti particolarmente solidi, che offrono un livello elevato di servizio e che si caratterizzano per il loro orientamento al supporto delle transazioni con l’estero

di Patrizio Patriarca
ottobre 2025 | Back

Come per i precedenti numeri in cui abbiamo trattato di altre Aree Mercato dedichiamo uno spazio alle tematiche finanziarie e di pagamento nei Paesi della Penisola Arabica. Il primo elemento da evidenziare è la differenza sostanziale fra il sistema bancario di questi Paesi rispetto ad altre geografie di cui ci siamo occupati, come l’Africa o i Paesi del Mercosur. In questo contesto va evidenziato come il sistema bancario locale sia costituito da Istituti che, sebbene abbiano una storia relativamente recente, hanno un livello di servizio elevato, favorito anche dalla presenza storica di banche estere (per esempio inglesi o francesi) con partecipazioni in quelle locali.

Inoltre, l’attività commerciale e di intermediazione soprattutto negli EAU fa di queste banche soggetti estremamente orientati al supporto del commercio internazionale. Altro aspetto rilevante è la solidità complessiva del sistema che in qualche modo recepisce quella finanziaria dei Paesi del Golfo. Sotto il profilo operativo ciò significa che l’assunzione di rischi su queste Banche da parte del sistema bancario Italiano (es. conferma di un credito documentario) dovrebbe trovare spazio in linee di credito capienti superiori a quello di altre aree. Di contro, può essere interessante segnalare che le banche del Golfo hanno a loro volta una sensibilità verso il rischio controparte e quindi in caso siano loro a dover assumere rischio su una banca italiana possono richiedere il requisito di un rating minimo della banca estera per supportare l’operazione. In un passato neppure troppo lontano, in cui il rating dell’Italia aveva avuto un downgrade (che si era riflesso su quello delle nostre banche) si è registrata, fortunatamente per un limitato periodo, la difficoltà di trovare controparti bancarie italiane accettabili dalle banche del Golfo, salvo il ricorso a istituti esteri (es. francesi o tedeschi) con presenza in Italia ed in grado di esprimere un rating migliore.

Altro aspetto da tenere in considerazione è la consuetudine commerciale da parte della controparte locale di richiedere garanzie bancarie all’esportatore specie per la buona esecuzione del contratto. Ebbene in questo caso è opportuno tenere a mente che molto di rado sono accettate garanzie dirette (emessa da banca italiana in favore dell’impresa locale). La richiesta abituale è di ricevere una garanzia da banca locale a sua volta contro garantita da quella italiana. Nel pratico questo comporta effetti in termini di tempistica (per la negoziazione dei testi fra le due banche) e di costo, dovendo il nostro esportatore pagare commissioni sia alla contro garante italiana che alla banca locale emittente.

Un aspetto su cui di recente ci sono state segnalazioni di imprese riguarda la richiesta di applicazione ad operazioni con l’estero di strumenti della c.d. Finanza Islamica (basata sulle regole della legge islamica – Sharia). Si tratta di casistiche collegate piuttosto ad operazioni di investimento/finanziamento ma l’unico suggerimento che si può dare – in caso di proposte della specie – è coinvolgere la propria banca per una interlocuzione diretta con quella della controparte.

Per quanto riguarda infine gli indicatori di rischio relativi a questi Paesi riportiamo una tabella riassuntiva (pag. 73) tratta dal sito della SACE. Gli indicatori di rischio impattano diverse voci di costo: assicurativo, di trasporto, finanziari. Poiché nel rischio d’impresa va ricondotto anche il tema delle sanzioni internazionali possiamo dire che i sei Paesi del Golfo non sono sanzionati. Tuttavia la loro collocazione geografica, il contesto internazionale che ha negli ultimi anni ampliato paesi, soggetti e settori oggetto di misure restrittive, con aggiornamenti frequenti delle stesse, deve spingere le aziende a confrontarsi sul tema con i propri abituali consulenti (spedizionieri, legali, banca), i quali dovrebbero avere una consolidata esperienza su questi mercati.

La Finanza Islamica. L’origine della moderna Finanza Islamica (IF) è fissata comunemente al 1975, in coincidenza con l’avvio delle attività della Islamic Development Bank, ma le sue radici risalgono a 1400 anni prima, visto che alla base della legge islamica – Sharia – ci sono come fonti il Corano e la Sunnah. Nell’Area del Golfo – dopo lo choc petrolifero del 1973 – si svilupparono banche specializzate (Banche Islamiche) in grado di offrire prodotti sharia compliant al fine di gestire il forte afflusso di valuta presso istituzioni dedicate. In Arabia Saudita, soprattutto, si sentì la necessità di amministrare queste enormi disponibilità nel quadro dei principi islamici. La IF può definirsi come l’insieme di strumenti finanziari e giuridici conformi ai dettami della legge islamica.

Il modello economico islamico mette al centro correttezza dei comportamenti, giustizia sociale e prosperità diffusa. Il principio economico di base è quello secondo cui il danaro non ha un valore intrinseco, ma è solo una misura della ricchezza, tutti gli investimenti devono ricondursi al pagamento di un bene tangibile o di un servizio, creandosi in tal modo un legame stretto con l’economia reale. Quindi è vietato il pagamento di interessi (Riba), strutture contrattuali non trasparenti, contenuti speculativi, ed attività in settori proibiti (Haram): alcool, droghe, prostituzione, commercio di suini.

Il rischio insito nella transazione deve essere ripartito almeno con un’altra parte, secondo uno schema di partnership. Il principio di base è quindi share the profit and loss. Strumenti tipicamente sharia compliant sono: Sukuk (mercato dei titoli), Murabaha (finanziamento), Ijara (leasing), Musharaka (joint ventures), Mudaraba (finanziamento di progetti), Takaful (assicurazione).

L’offerta di questi prodotti, in quanto basata sul diritto islamico, viene gestita da banche specializzate presenti in diversi Paesi non solo del Golfo (es. Malaysia, Pakistan, Bangladesh, Indonesia…). Il Regno Unito è stato il primo a regolamentare, fuori dal mondo islamico, la IF con l’obiettivo di offrire servizi al dettaglio alle proprie comunità islamiche e per attrarre gli investimenti da Paesi che applicano la IF.

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