
Nuove tecnologie per la distribuzione degli effluenti zootecnici
La gestione degli effluenti zootecnici è un’opportunità per trasformare un sottoprodotto in risorsa preziosa. Tecnologie come l’interramento e i sistemi ombelicali, riducono le emissioni e migliorano l’efficienza fertilizzante, con un occhio alla competitività aziendale e alla tutela dell’ambiente
La gestione degli effluenti zootecnici è attualmente uno dei temi più delicati, senza dubbio strategici per il futuro degli allevamenti zootecnici. Infatti, non si tratta di smaltire uno “scarto”, ma di trasformare quello che deve essere considerato un sottoprodotto in un fattore della produzione, che consenta all’azienda di aumentare la propria sostenibilità e la competitività sul mercato. Una gestione non efficiente degli effluenti comporta conseguenze rilevanti: maggiori costi aziendali, peggioramento della fertilità dei suoli e pesanti impatti ambientali che ricadono su aria, acqua e territorio e, in definitiva, sull’intera collettività.
A livello aziendale, le principali criticità derivano dall’eterogeneità fisico-chimica degli effluenti, che rende difficile standardizzare trattamenti, distribuzione ed efficienza della fertilizzazione, e dalle inefficienze organizzative, che si traducono spesso in spese aggiuntive dovute all’acquisto di concimi minerali. Sul fronte ambientale, le ricadute sono note: riguardo all’aria, gli effluenti rilasciano ammoniaca (NH3) e gas serra come metano (CH4), protossido di azoto (N2O) e anidride carbonica (CO2). Queste emissioni contribuiscono ad acidificazione, cambiamento climatico e inquinamento atmosferico, oltre a causare odori sgradevoli. Per quanto riguarda il suolo, l’accumulo di fosforo e di metalli pesanti può compromettere a lungo termine la fertilità e alterare l’equilibrio chimico dei terreni. Inoltre, un’eccessiva quantità distribuita può creare fenomeni di anossia (soprattutto nei terreni pesanti), ma anche problemi di inquinamento delle falde e fenomeni di eutrofizzazione nei corsi d’acqua, con gravi effetti sugli ecosistemi acquatici e sulla qualità delle acque per uso civile.
Non sorprende, quindi, che la gestione degli effluenti sia regolata da tempo da un complesso sistema di normative europee, nazionali e regionali, a partire dalla Direttiva 91/676/CEE (meglio conosciuta come “Direttiva nitrati” integrata negli anni da direttive nazionali e da decreti regionali), che stabilisce limiti all’uso agronomico degli effluenti, fissando vincoli temporali (ovvero periodi di divieto di distribuzione), territoriali (zone vulnerabili ai nitrati) e quantitativi (170–340 kg N/ha*anno). Queste normative hanno spinto gli allevatori a rendere più efficiente la gestione degli effluenti, in particolare nelle aree più sensibili dal punto di vista ambientale, adottando pratiche agronomiche sostenibili e un approccio integrato che trasformi gli effluenti da criticità a risorsa preziosa. Oltre alle norme, gli allevatori devono confrontarsi con altri vincoli pratici, ovvero: vincoli agronomici, che prevedono che la distribuzione debba coincidere con le fasi colturali in cui le piante assorbono più nutrienti; vincoli climatici, legati a piogge abbondanti o terreni bagnati che possono ridurre la finestra utile alle attività di distribuzione, aumentando il rischio di compattamento e di ruscellamento; vincoli logistici, riferiti alla valutazione dei costi di trasporto. Infatti, superata una certa distanza tra il luogo di stoccaggio e quello di distribuzione, il valore fertilizzante del refluo non è più competitivo rispetto al costo di un concime chimico; vincoli tecnici: per una distribuzione “virtuosa” servono uniformità in campo, conoscenza del contenuto in NPK, controllo della dose distribuita, riduzione delle emissioni odorigene e attenzione al compattamento dei suoli. Soprattutto su quest’ultimo aspetto giocano una partita importante le tecniche e le macchine per la distribuzione degli effluenti zootecnici.
Le soluzioni disponibili variano in base alla natura dell’effluente da distribuire, distinguendo principalmente tra frazioni palabili (letami, pollina, digestati solidi) e non palabili (liquami e frazioni liquide di digestato).
Macchine per la distribuzione degli effluenti palabili. I materiali palabili vengono distribuiti tramite spandiletame. Queste macchine possono essere equipaggiate con diversi sistemi di distribuzione, posizionati posteriormente (rotori verticali/orizzontali, dischi o catene) oppure lateralmente (dischi, rotori o boccaporti). La fase di distribuzione deve essere seguita da un rapido interramento, che consente di limitare le perdite di azoto ammoniacale e di preservare il potenziale fertilizzante del refluo. I dati tecnici dimostrano che, rispetto alla distribuzione superficiale senza interramento, l’intervento entro 24 ore riduce le emissioni del 30%, mentre anticipandolo a 4 ore si arriva al 55%. Nei sistemi con interramento simultaneo dell’effluente palabile la riduzione può raggiungere addirittura l’85-90%.
La profondità di lavoro varia a seconda della quantità di effluente distribuito: superficiale (circa 20 cm) per dosi ridotte, più profonda (30 cm) per apporti consistenti. Da notare che, in questo particolare caso, risulta necessario sottoporre gli effluenti a un pretrattamento (ad esempio mediante pellettizzazione, estrusione, essiccazione o compostaggio), con l’obiettivo di migliorarne e uniformarne le proprietà fisiche, in quanto lo stato 'tal quale' si presenta altamente eterogeneo e caratterizzato da un elevato contenuto di umidità.
Macchine per la distribuzione degli effluenti non palabili. La distribuzione dei liquami avviene invece con spandiliquame trainati o semoventi, oppure tramite sistemi ombelicali che permettono di separare la fase di trasporto da quella di applicazione, limitando di molto il compattamento del suolo rispetto all’uso di carri convenzionali.
Le tecniche superficiali tradizionali, come l’uso di irrigatori ad alta pressione o di piatti deviatori, sono oggi considerate superate perché causano gravi perdite di nutrienti (anche oltre l’80-90%), pesanti emissioni odorigene e distribuzioni non uniformi: per questo sono da sconsigliare tanto che, già ad oggi, il loro impiego è sottoposto a vincoli legislativi molto stringenti.
Al contrario, le soluzioni rasoterra – in banda con tubi flessibili o deflettori – rappresentano un significativo passo avanti: garantiscono, infatti, una migliore uniformità di distribuzione, limitano la formazione di aerosol, riducono le perdite di azoto fino al 60% e possono essere adottate anche su colture in atto, evitando l’imbrattamento della parte epigea.
L’interramento resta, in ogni caso, la strategia più efficace per abbattere le emissioni. La distribuzione sottosuperficiale a solco aperto o chiuso permette di applicare l’effluente in modo mirato, con riduzione degli odori e delle perdite di ammoniaca fino all’80-90%. I sistemi a solco chiuso, in particolare, sono molto versatili perché abbinano distribuzione e lavorazione del terreno, rendendo più agevoli le operazioni successive, fino a consentire la semina diretta mediante strip-tillage.
In ogni caso, la scelta della tecnica ottimale non può prescindere dalla gestione agronomica complessiva: l’aumento della capacità di trasporto dei carribotte (oltre 30-35 t) ha imposto una maggiore attenzione al compattamento del terreno: pneumatici a larga sezione distribuiti su più assali, sistemi di regolazione della pressione “on board”, assali disassati e, soprattutto, l’adozione di sistemi ombelicali sono soluzioni molto efficaci per ridurre i danni strutturali al terreno.
I Sistemi ombelicali per la distribuzione degli effluenti zootecnici. Rappresentano una soluzione innovativa per la distribuzione degli effluenti zootecnici, che si sta progressivamente diffondendo. è stata sviluppata con l’obiettivo di aumentare l’efficienza della fertilizzazione e di ridurre l’impatto ambientale: infatti, a differenza dei tradizionali carri botte, che richiedono il continuo trasporto del liquame dai punti di stoccaggio al campo con mezzi pesanti, il sistema ombelicale trasferisce il refluo – messo in pressione da una pompa a vite senza fine o centrifuga – direttamente dal serbatoio di stoccaggio centrale sino al punto di distribuzione attraverso una rete di tubazioni interrate. Qui, mediante una condotta flessibile in polietilene o in materiali sintetici ad alta resistenza dispiegata sul terreno grazie ad un avvolgitore trainato da trattore, avviene la distribuzione per mezzo dell’organo terminale (piatto deviatore, barre a calate con tubi flessibili o deflettori, iniettori seguiti da erpici a dischi ecc.), consentendo un rilascio calibrato e uniforme del liquame, in funzione della dose di nutrienti richiesta.
L’adozione del sistema ombelicale comporta diversi vantaggi. In primo luogo, riduce significativamente il compattamento del suolo, poiché elimina la necessità di movimentare grandi volumi di liquame con cisterne su ruote. Inoltre, consente di incrementare la produttività operativa: la distribuzione risulta più rapida, continua e con minori consumi di combustibile.
Qualora l’azienda non sia accorpata, i sistemi con “carro balia” rappresentano una soluzione moderna ed efficiente per la distribuzione degli effluenti zootecnici. Con questa tecnica, il liquame viene trasferito, mediante carribotte-navetta, dalla vasca principale fino a una cisterna d’appoggio stazionaria, detta appunto “balia”, posizionata a bordo campo. Nella cisterna viene mantenuta una riserva costante di liquame, che viene poi o inviata in pressione a un sistema ombelicale trainato dal trattore con distribuzione analoga a quanto precedentemente descritto, o prelevata da un carrobotte di piccola capacità che provvede alla distribuzione in campo. Questa opzione è prediletta dai contoterzisti per la sua versatilità, per la sua elevata capacità di lavoro e per l’ottimizzazione di tempo, consumi e resa complessiva delle operazioni di fertilizzazione.
Infine, per valorizzare realmente gli effluenti sia dal punto di vista agronomico, sia in un’ottica dell’agricoltura di precisione, è fondamentale conoscerne la composizione in termini di nutrienti. Le analisi di laboratorio offrono dati medi utili, ma non sempre rappresentativi delle variazioni temporali; per questo si stanno diffondendo sistemi di analisi indiretta in tempo reale, installabili su spandiliquame o presso le vasche di stoccaggio. Le tecnologie oggi disponibili spaziano dai conduttivimetri, alla spettroscopia NIR – in grado di stimare con grande accuratezza sostanza secca, azoto, fosforo e potassio – fino alla risonanza magnetica nucleare, tecnica ancora in fase di sperimentazione ma promettente.









