
La crisi geopolitica rilancia i mercati nordafricani
I nuovi scenari geopolitici stanno modificando radicalmente la geografia dei commerci internazionali, favorendo attività di nearshoring. Il cambio di paradigma nel sistema degli scambi globali accende i riflettori sull’importanza strategica della regione mediterranea
Lo scenario del commercio internazionale, ad aprile 2025, dopo una fase di schermaglie e dichiarazioni politiche, ha di fatto iniziato a definire, con l’applicazione dei vari strumenti a disposizione dei governi (dazi e barriere non tariffarie), le nuove regole del gioco per gli scambi globali. Quello che sembra certo è la centralità assunta dagli Stati nella competizione economica a livello globale. Possiamo dire infatti che la competizione fra le imprese è diventata secondaria rispetto a quella fra le nazioni. In questo nuovo quadro di riferimento l’internazionalizzazione è definita innanzitutto da come viene vista dai singoli Paesi, piuttosto che dal sistema delle aziende.
Internazionalizzazione, il peso della geopolitica. Questo scenario pone anche problemi di teoria economica del commercio internazionale, tradizionalmente basata sul comportamento d’impresa. Ci limitiamo a due esempi che sono molto significativi del nuovo scenario e ben presenti sui media. La volontà della nuova Amministrazione USA di “riprendersi” il comparto manifatturiero, per anni trascurato a vantaggio dei servizi e della finanza, attraverso politiche che favoriscano la rilocalizzazione di attività produttive sul territorio degli Stati Uniti. Il secondo “caso” è quello dell’automotive che vede chiaramente contrapposte Europa, Usa e Cina in un confronto globale dove anche l’Italia ne patisce gli effetti e, in ambito europeo, soffre assieme alla Germania per la stessa grave crisi del settore. Il punto di caduta di queste considerazioni è che la valutazione delle variabili geopolitiche da parte delle imprese diventa in questo contesto la precondizione per avviare un proprio progetto di internazionalizzazione. Il cambio di paradigma nel sistema degli scambi globali impone anche all’Italia di ridefinire mercati, settori e modalità dell’internazionalizzazione. Lo stesso dicasi per le imprese. Se il tema settoriale riguarda in particolare il Sistema Paese e la politica industriale, la scelta dei mercati e le modalità di accesso impattano direttamente sulle scelte degli imprenditori. Per alcuni osservatori il nuovo contesto – che già in molti definiscono di de-globalizzazione – potrebbe favorire in misura maggiore rispetto al passato sia attività di nearshoring che operazioni di Investimenti Diretti Esteri. In particolare la tensione sui dazi – ma anche sulle barriere non tariffarie al commercio internazionale – può rendere opportuna, o necessaria, l’apertura di società (IDE) presso il mercato estero target nelle diverse possibili forme: filiali, società di diritto locale, joint venture di natura commerciale, produttiva o di servizi (per esempio, assistenza post-vendita o logistica). Per le imprese che invece hanno anche fornitori esteri il nuovo contesto geopolitico può suggerire un accorciamento delle supply chains, tendenza in realtà già registrata negli anni recenti per le difficoltà di approvvigionamento dovute alla pandemia Covid. Il caso forse più frequente per le imprese italiane è stato la sostituzione di fornitori cinesi con quelli turchi.
Il Nord Africa nell’area mercato mediterranea. I nuovi paradigmi dell’internazionalizzazione vedono comunque al centro sempre la scelta dei mercati. Ed in questo contributo si focalizza l’attenzione sul Nord Africa. Un mercato che si colloca nella più ampia dimensione del Mediterraneo e Vicino Oriente, dove convivono realtà molto eterogenee fra loro: Paesi UE, dell’Est Europa, la Turchia ed appunto quelli del Nord Africa. Mercati che hanno diversi gradi di sviluppo economico e tecnologico, e che ad esempio nel settore dell’agroindustria accomunano Paesi esportatori con altri importatori, Paesi con deficit alimentare importante con alcuni in grado di vendere sul mercato quote significative dei loro prodotti. E tuttavia partire dall’area mediterranea significa mettere in risalto un elemento incontestabile: un secolare legame di storia e cultura, ma anche di traffici mercantili che beneficia di una sorta di empatia nelle relazioni commerciali. Su un piano geopolitico poi, in questa fase di instabilità (pensiamo alla rotta del Mar Rosso via Bab el-Mandeb), il rafforzamento (o riorientamento) degli scambi verso l’area mediterranea comporta anche migliori condizioni nei costi relativi a logistica, assicurazione e trasporto.
Prospettive di crescita dell’economia e della domanda. Sulla base dei più recenti dati del Fondo Monetario Internazionale e della Bers (Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo) – vedi tabella – nel 2025 i Paesi del Nord Africa si stima abbiano una crescita media fra il 3,5% ed il 4%. Il dato comune a molti di questi Paesi è una previsione di ripresa economica nel 2025 sul 2024 e quindi anche del loro import. Tra i 14 Paesi coinvolti nell’iniziativa del Piano Mattei ben 4 – Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto – appartengono al Mercato del Nord Africa. Il loro collocamento all’interno del Piano determina la disponibilità di risorse dedicate presso le istituzioni pubbliche italiane preposte a supportare le nostre imprese all’estero: ICE, SACE, Simest, Cassa Depositi e Prestiti per citare le principali. Le risorse nazionali si integrano con forme di cofinanziamento di istituzioni estere (es. Banca Africana di Sviluppo e Fondi d’Investimento del Golfo) ampliando cosi le disponibilità. Ricordiamo anche che l’agricoltura è una delle 6 direttrici del Piano e che sono già avviati progetti in questo settore – alcuni in joint con il comparto gestione acqua – in Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia.
Rischio Paese. Altro elemento favorevole ad un orientamento dell’export verso queste geografie è un livello di Rischio Paese relativamente contenuto, rispetto ad altre potenziali destinazioni extra UE. Possiamo constatare come il Piano Mattei, indicando un target nei Paesi del Nord Africa, determini anche da parte del sistema assicurativo pubblico (SACE) un’attenzione favorevole verso queste destinazioni del nostro commercio estero. In un recente incontro per il IV Arab Italian Business Forum, SACE ha confermato un focus settoriale preferenziale verso il Nord Africa per automotive, agroindustria, chimica. Aggiungiamo che Egitto e Marocco sono 2 dei 14 mercati identificati da SACE come strategici e definiti, per le loro caratteristiche, con l’acronimo GATE (Growing, Ambitious, Transforming, Entrepreneurial) e che la stessa organizzazione presidia con propri uffici per favorire la crescita del Made in Italy. Dunque per le nostre imprese si possono prevedere migliori condizioni di accesso alle coperture assicurative.
Caratteristica delle imprese locali e del settore agricolo. Un altro elemento favorevole allo sviluppo delle relazioni di business in Africa del Nord è la presenza diffusa di un tessuto di medie e piccole imprese, per molti versi maggiormente in sintonia con le realtà italiane. Questo vale soprattutto per Tunisia e Marocco. Non è un caso che proprio in Tunisia ci siano circa 1.000 imprese a partecipazione italiana, il numero più elevato dell’intera Africa. Anche in Egitto vi è una consolidata realtà di PMI che convive con importanti imprese di Stato. L’Algeria presenta invece una maggiore presenza dello Stato nell’economia e questo non riguarda solo il settore degli idrocarburi e dei fosfati.
Sotto il profilo dell’operatività delle nostre imprese sui mercati con maggiore presenza pubblica il principale elemento di differenziazione è la possibilità – rispetto alla trattativa privata – di doversi confrontare con enti statali e con il sistema pubblico delle gare, i cosiddetti Appel d’offres e Marchés publics, e di dover assolvere più stringenti adempimenti di tipo burocratico. Con riguardo al settore agricolo ed agroindustriale, il mercato nordafricano esprime grandi potenzialità, innanzitutto per l’importanza sociale del comparto. Gli occupati nel settore sono in media il 13% della popolazione, con picchi del 40% in Marocco. Le produzioni agricole maggiormente presenti sono i cereali, destinati anche all’alimentazione animale, le olive (da tavola e per produzione olearia), gli ortaggi e la frutta locale con l’eccellenza costituita dai datteri tunisini deglet nour. L’importanza del settore agricolo è anche dovuta al suo sostanziale legame con due gravi emergenze: sicurezza alimentare e crisi idrica con rischio desertificazione. Su queste emergenze c’è massima attenzione anche presso le istituzioni internazionali e gli organismi di finanziamento allo sviluppo. Ciò determina una richiesta crescente di tecnologie agricole avanzate, in grado di favorire l’uso efficiente delle scarse risorse idriche, e di servizi di formazione e per l’innovazione che gli imprenditori locali e le loro associazioni richiedono in modo pressante ai partner esteri.
Le specificità dei mercati agromeccanici nordafricani. Senza pretesa di essere esaustivi facciamo alcuni esempi che confermano quanto appena ricordato. La Tunisia si contraddistingue per la richiesta sui mercati internazionali di strumenti di precision farming per migliorare la resa dei terreni e la gestione idrica. La sua politica di diversificazione delle produzioni locali – con un ridimensionamento dei cereali a vantaggio dell’ortofrutta – ha portato di recente per la prima volta al raggiungimento dell’equilibrio import export nel settore alimentare. Il Marocco che con il suo piano Generation Green 2020-2030 si è posto due fondamentali obiettivi nel settore agricolo e forestale: lo sviluppo di un’agricoltura ad alto valore aggiunto rivolta anche ai mercati esteri ed il supporto tecnico finanziario su base solidale alle PMI agricole. Anche questo piano sta favorendo le importazioni, tra gli altri, di trattori e sistemi irrigui. In Algeria è stata avviata dal Gruppo BF un’importante iniziativa collegata al Piano Mattei. Si tratta del più significativo investimento italiano in un progetto di agricoltura rigenerativa nel Sud del Mediterraneo, su una concessione di 36.000 ettari nella Wilaya di Timimoun. Una volta a regime, l’iniziativa vedrà la coltivazione di cereali e legumi destinati al mercato locale.
Per il nostro comparto agroindustriale altre opportunità potranno derivare dalla richiesta di servizi di digitalizzazione. e dai progetti di sviluppo della filiera lattiero casearia – in Marocco ed Egitto – supportati dai Governi locali. Minori le prospettive sul mercato della Libia dove lo sviluppo agricolo è fortemente limitato dal livello dello stress idrico considerato il più elevato del continente. È utile ricordare che una sfida dell’agricoltura nordafricana è la capacità di attrarre giovani lavoratori/imprenditori (rispetto all’attuale elevata età dei lavoratori agricoli ed all’uso di tecniche labour intensive), per i quali risulta molto attrattivo l’accesso a tecnologie avanzate ed innovative.
Modello strategico d’impresa e gestione del rischio. Quelli finora ricordati sono gli elementi principali di attrattività del Nord Africa, tuttavia rimane essenziale la conoscenza e corretta gestione degli strumenti di commercio internazionale da utilizzare nell’area. Se è vero infatti che questi mercati fanno parte di un più ampio contesto mediterraneo, è altrettanto opportuno sottolineare come gli scambi abbiano prassi e regole sicuramente diverse da quelle applicabili nei Paesi UE o Est Europei che si affacciano sul Mediterraneo. La libera circolazione delle merci, la valuta comune Euro, le basi giuridiche omogenee ma anche la modalità di trasporto prevalente su ruote/rotaie sono elementi tipici del mercato europeo, all’interno del quale è ormai improprio parlare di commercio internazionale. Con riferimento agli strumenti operativi per l’area mediterranea, le aziende dovranno guardare a quelli utilizzati nel commercio con Paesi esterni alla UE e all’area OCSE.
Modello di business. Il primo elemento da definire è l’attività di internazionalizzazione che si intende sviluppare: esportazione, esportazione ed importazione, presenza diretta con filiale o con società di diritto locale, natura commerciale o produttiva della presenza diretta. L’altro elemento da considerare è costituito dai fattori di rischio di una transazione internazionale e delle modalità di gestione. Ai classici rischi di controparte, banca estera, e paese se ne aggiungono altri collegati alle caratteristiche dell’operazione. Ad esempio, il rischio di produzione, spedizione, mancato ritiro merce, forza maggiore. E poi, oltre ai rischi contrattuali, quelli finanziari legati al cambio e al tasso d’interesse in caso di finanziamenti per operazioni non in Euro. Per le iniziative di investimento si dovranno valutare ulteriori tipologie di rischio come, ad esempio, la confisca/esproprio oppure i provvedimenti che impediscono il rimpatrio degli utili in valuta. La principale modalità di gestione di questi rischi è la copertura assicurativa fornita o da enti pubblici (SACE) oppure da società private. Con riferimento al Nord Africa ed al prodotto macchinari (beni durevoli) si ritiene che la forma di assicurazione dei diversi rischi (commerciali, politici e finanziari) sia preferibile – piuttosto che su un plafond di clienti – quella sulla singola transazione. Se poi si fa riferimento allo specifico rischio di mancato o ritardato pagamento, l’alternativa principale è la scelta di mezzi di regolamento bancari in grado di attenuare o eliminare tale rischio. Il principale vantaggio è una tempistica più favorevole – in caso di inadempienza della controparte – rispetto alla gestione assicurativa di un sinistro.
Strumenti di pagamento, Trade Finance e sistema bancario locale. Parlando di strumenti di pagamento, riferiti al prodotto macchinario, il ricorso al bonifico non rappresenta il mezzo abituale in questi mercati e per nuove controparti. Non solo in quanto è una modalità di pagamento che in base alla tempistica determina un chiaro sbilanciamento del rischio sull’importatore (se anticipato) o sull’esportatore (se posticipato) ma anche per ragioni regolamentari presenti in questi Paesi. Le autorità monetarie locali esercitano infatti un controllo valutario sull’uscita di hard currency (es. Euro o USD), cioè le valute normalmente utilizzate per pagare l’esportatore estero. Questo determina il divieto completo, oltre certi importi, di effettuare pagamenti anticipati con bonifico. Provvedimenti del genere sono stati frequenti negli ultimi anni ad esempio in Algeria ed Egitto. In queste circostanze le autorità richiedono l’intermediazione delle banche attraverso l’uso di sistemi di pagamento documentali: CAD e Credito documentario (LC). Come noto, si tratta di classici strumenti di regolamento che subordinano il pagamento alla presentazione di documenti commerciali e di trasporto, collegando in modo diretto il trasferimento del bene all’uscita di valuta. La differenza fra i due risiede nella natura dell’impegno della banca: nel caso del CAD (cash against document) le banche si limitano al trasferimento dei documenti forniti dall’esportatore contro pagamento da parte dell’importatore. Il principale rischio per l’esportatore – soprattutto per beni sofisticati e spesso customizzati come i macchinari – è il mancato ritiro della merce, con evidenti costi in capo all’esportatore per un suo collocamento alternativo ovvero per il rientro in Italia. Il credito documentario (LC) prevede invece un impegno irrevocabile della Banca a pagare a fronte di presentazione da parte dell’esportatore di documenti conformi a quelli indicati nel testo della LC. L’utilizzo di questo strumento presuppone che l’importatore abbia una linea di fido dedicata presso la sua banca che ha aperto la LC. La Lettera di Credito viene definita uno strumento di Trade Finance in quanto per le sue caratteristiche consente di gestire anticipazioni su pagamenti differiti. In sostanza una LC che prevede un pagamento differito da parte dell’importatore (elemento negoziale spesso decisivo) può contenere un’opzione di pagamento a vista all’esportatore. L’operazione si basa sui rapporti di affidamento reciproco delle banche e non richiede linee di fido sull’esportatore. Altri strumenti di Trade Finance che possono essere richiesti all’esportatore sui mercati del Nord Africa sono le garanzie bancarie internazionali a prima richiesta (Bond, Caution bancaire). Sono regolate da norme pattizie internazionali riconosciute dal sistema bancario (nell’area di riferimento le norme URDG 758) e generalmente contengono anche un riferimento alla legge locale applicabile. I casi più frequenti sono la richiesta dell’importatore di ricevere una garanzia di buona esecuzione (Performance Bond), che può coprire fra il 10% ed il 15% del valore della commessa. Per partecipare a gare è normalmente prevista una garanzia d’impegno in caso di aggiudicazione (Tender/Bid Bond) di importo fino ad un massimo del 5% della commessa. L’esportatore invece potrebbe negoziare un pagamento anticipato – se previsto dal bando o nel contratto – a fronte del quale gli viene richiesta una garanzia bancaria (Advance Payment Bond) del valore dell’anticipo. Le imprese che aprono sedi estere potrebbero necessitare anche di credit bond (a garanzia di fidi in loco), customs bond (in favore dogane) e garanzie per locazioni. Poiché il rilascio di queste garanzie internazionali da parte della Banca dell’esportatore è soggetto alla disponibilità di linee di credito ad hoc, è opportuno che fin dalle fasi iniziali della trattativa sia coinvolta la banca per verificare disponibilità, tempi e costi.
Per concludere facciamo un cenno al sistema bancario nordafricano. L’intera area presenta una rete bancaria evoluta che dialoga da anni con le banche italiane, sia lato export che import, e che agevolano anche la presenza di banche emanazione di istituti di credito italiani, europei, anglosassoni e del Golfo. Queste caratteristiche facilitano l’individuazione del partner bancario da cui farsi assistere e possono determinare condizioni economiche per il servizio più competitive rispetto a Paesi che hanno un basso livello di bancarizzazione e/o pochi corrispondenti diretti in Italia.