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Mercati

Turchia, un ponte per i nuovi mercati centro-asiatici

In un contesto caratterizzato da deglobalizzazione e instabilità geopolitica, la Turchia e i Paesi emergenti dell’Asia centrale diventano importanti mercati di sbocco per il made in Italy. Opportunità di business e driver d’ingresso

di Patrizio Patriarca
luglio - agosto - settembre 2025 | Back

Gli ultimi mesi hanno confermato le tendenze di inizio anno. Deglobalizzazione, scontro sui dazi, mancata de-escalation dei conflitti bellici, stanno penalizzando l’export italiano. Mentre scriviamo i dati mensili di Aprile 25 (ISTAT) indicano un calo dell’export del 2,8%; su base annua la crescita è dello 0,4% (in valore) ma in decremento del 3,7% in volume. Si conferma quindi l’urgenza per gli esportatori di rivolgere l’attenzione verso nuovi mercati ed opportunità, guardando anche alle iniziative messe in campo dal “sistema-Italia”.

Turchia e Asia Centrale sono indicati come Paesi target nel Piano d’azione per l’Export Italiano presentato lo scorso 15 aprile dal MAECI, il cui obiettivo dichiarato è portare il volume dell’export italiano a 700 miliardi di euro entro il 2027, puntando soprattutto sui mercati extra UE ad alto potenziale. Ricordiamo che nel 2024 l’export italiano ha superato complessivamente i 623 miliardi, 305 dei quali nei mercati extra-UE. L’iniziativa coinvolge l’intero sistema pubblico a supporto della internazionalizzazione (ICE, Simest, SACE, CDP) che mette a disposizione i propri strumenti d’intervento in forma coordinata e mirata sulle aree mercato del Piano. Per una visione sintetica di quanto il Piano prevede nei mercati oggetto di questo contributo rinviamo alla pagina 10 del documento (https://export.gov.it/node/3186) per la Turchia ed alla pagina 24 per l’Asia Centrale con le relative schede Paese/Regione. In questo articolo trattiamo assieme le due realtà – sebbene estremamente distanti in termini di peso economico e reddito pro-capite, dai 31.252 dollari della Turchia ai 4.813 del Kirghizistan (dati 2022) – per l’importanza dei legami tra loro esistenti.

Che si tratti di mercati ad alto potenziale è anche, ma non solo, testimoniato da alcuni numeri. Nel 2024 le esportazioni italiane verso la Turchia sono state pari a 17,6 miliardi di euro (+23,9% sul 2023), in Asia Centrale lo scorso anno abbiamo esportato per 2,16 miliardi di euro (+11,3% sul 2023). La Turchia è al 10° posto fra i nostri importatori e il nostro export verso Istanbul pesa il 2,8% sul totale.

Per l’Asia Centrale la scheda indica l’agroindustria fra i quattro settori prioritari individuati per l’export. Se poi guardiamo alle ultime previsioni di crescita dell’economia – EBRD Regional Economic Prospect Maggio 2025 – si stima per i Paesi dell’Asia Centrale una crescita nel 2025 del 5,5% e del 5,2 % nel 2026, per la Turchia del 2,8 e del 3,5.

Vediamo il dettaglio dei singoli Paesi dell’Asia Centrale. Per l’Uzbekistan, il più popoloso dell’area (33 milioni di abitanti), le stime di crescita economica sono del 6% sia nel 2025 che nel 2026. Le previsioni per il Tajikistan – assieme al Kirghizistan le economie dalle dimensioni più contenute – sono del 7% nel 2025 e del 5,7% nell’anno successivo. Al Kirghizistan si prospetta un aumento del prodotto nazionale del 7% nell’anno in corso e del 6% nel 2026. Il Turkmenistan dovrebbe registrare un incremento poco superiore al 6% sia nel 2025 che nel 2026, trainato in particolare da infrastrutture ed agricoltura. Infine sul Kazakistan, l’economia più importante dell’area, le previsioni di crescita sono del 4,9% nel 2025 e del 4,5% nel 2026. Visto il peso del settore oil, dipenderà molto sia dall’andamento del prezzo del petrolio che dalla domanda cinese, principale importatore di questa commodity.

Opportunità e drivers d’ingresso. Passando dai numeri alla individuazione di spunti che possano aiutare l’impresa a cogliere opportunità e definire i drivers per affacciarsi su questi mercati, la prima avvertenza sta nel distinguere nettamente il mercato turco da quelli dell’Asia Centrale. Questo vale anche per l’agricoltura e l’agroindustria. Primo elemento: la conoscenza del mercato. Tra Italia e Turchia esistono consolidate relazioni commerciali e di collaborazione fra le imprese, evidenti anche solo guardando ai dati sull’interscambio. Lo scorso aprile nel Business Forum Italia Turchia erano presenti a Roma oltre 300 imprese dei due Paesi. Oltre all’import e all’export, esistono numerose esperienze di investimenti italiani in Turchia (circa 1.600 le società partecipate secondo Infomercatiesteri.it) e turchi in Italia (lo stock degli investimenti turchi in Italia è pari a 2 miliardi di Euro). Sul piano operativo ciò significa che esiste un elevato livello di conoscenza delle reciproche prassi commerciali e dei contesti giuridici, con una buona offerta di assistenza – da parte degli attori pubblici e privati specializzati – alle imprese che si affacciano per la prima volta a questo mercato. Altro elemento da non sottovalutare è che le relazioni commerciali fra i due Paesi spaziano nei campi più diversi: dalle infrastrutture alla difesa, dalle collaborazioni nel campo degli elettrodomestici a quella storica nel tessile/abbigliamento, ma anche più di recente nel comparto ceramico-sanitario e nell’agroalimentare (alle nostre importazioni di frutta secca si stanno aggiungendo collaborazioni ad esempio nella coltivazione delle nocciole). Il sistema informativo commerciale della Turchia poi è un altro fattore positivo, si potrà infatti integrare l’informazione reperibile in Italia con quella messa a disposizione dai siti appartenenti ad enti e associazioni locali. A titolo di esempio citiamo DEIK, Tusiad, Ministry of Trade, Invest in Turkiye. Anche se non siamo interessati all’investimento diretto, “sbirciare” nei siti locali che li promuovono ci restituisce una descrizione dei settori e della filiera molto interessate anche per gli esportatori. 

L’attuale congiuntura economico finanziaria in Turchia indica, come emerso nella recente conferenza londinese sul tema “Türkiye’s economic transformation and growing investment potential”, una fase nella quale il Paese – a causa di un alto deficit corrente e di un’inflazione elevata – deve puntare sull’export (che vale il 20% del PIL). Il Ministro delle Finanze turco, sottolineando come il principale partner commerciale del Paese sia la UE, ha espresso fiducia che l’interscambio con questa possa arrivare a 400 miliardi di euro, indicando come settori trainanti quelli dei servizi, delle infrastrutture, e dell’agricoltura. Per raggiungere questi obiettivi sono necessarie un’agricoltura ed una manifattura ad elevato valore aggiunto ed in grado su mercato interno di rispondere alla domanda di una popolazione giovane che richiede nuovi prodotti. Elementi che possono far parte dell’offerta delle imprese italiane sia in termini di vendite che di collaborazione commerciale e produttiva.

Uno spunto di riflessione riguarda però soprattutto il ruolo della Turchia come potenza commerciale regionale in grado di fare da ponte verso i mercati dell’Asia Centrale e del Sud Caucaso. Non dimentichiamo che il legame linguistico (Paesi turcofoni) salda tutti i mercati qui citati, escluso il Tajikistan, e che dal 2009 esiste l’Organizzazione degli Stati turcofoni a cui aderisce l’Azerbaigian. In questa prospettiva – la Turchia come bridge, come ponte verso l’Asia centrale - va interpretata nel settore delle infrastrutture e dei grandi lavori l’esperienza di imprese italiane ad elevata specializzazione che hanno deciso di partecipare a gare con capofila turco anche in mercati terzi. Anche nell’agroindustria abbiamo casi di forniture congiunte verso ad esempio i mercati africani.

Per i Paesi dell’Asia Centrale oltre alla verifica delle possibilità d’ingresso iniziale per il tramite di trading turche è evidentemente ancora più importante seguire le iniziative che vengono messe in campo dal “sistema-Italia” nell’ambito del succitato Piano d’azione per l’Export Italiano.

L’ultima considerazione riguarda i finanziamenti internazionali che i Paesi dell’Asia Centrale ricevono con finalità di cooperazione e aiuto allo sviluppo e che hanno molto spesso come target l’agricoltura e il settore complementare della gestione delle acque (approvvigionamento ed accesso, rete idrica, sistemi irriguo). A questo tipo di interventi dedichiamo la sezione finale del contributo.

Il settore agricolo in Turchia ed Asia Centrale. L'agricoltura turca si colloca al 10° posto nel ranking mondiale, con terre coltivabili pari al 50% del territorio e quasi il 25% della forza lavoro impiegata. Le produzioni principali sono costituite da grano, barbabietola da zucchero, cotone, pomodori e vari tipi di frutta e verdura. È il principale produttore mondiale di albicocche e nocciole. La Turchia è un grande consumatore, ed importatore, di frutta a guscio, in particolare mandorle e noci. Proprio per il peso dell’agricoltura nella sua economia, la Turchia ha sviluppato una significativa produzione locale di macchinari ed apparecchiature agricole. Una spinta fondamentale a questo processo è stato lo sviluppo del Southeast Anatolian Project che ha incrementato di 1,8 milioni di ettari le terre irrigabili. L’opportunità di investimenti su larga scala ha quindi rafforzato le capacità produttive nel settore, che si distingue in due comparti: macchinari/attrezzature agricole, e trattori. Si stimano oltre 1.000 imprese operanti come produttori e/o importatori. Una quota di produzione viene esportata e fra i principali importatori ci sono Germania, Francia, Polonia, Spagna ed Italia.

Asia Centrale. Al momento della disgregazione dell’Urss nel 1991, questi Stati avevano un comparto agricolo che pesava fino al 45% del Prodotto Nazionale Lordo, ed una quota di impiegati fra il 20% ed il 50% della forza lavoro. Negli anni successivi, per il venir meno dell’interdipendenza economica con la Russia e per lo sviluppo del settore energia, il peso del settore agricolo si è molto ridimensionato. Il comparto rimane comunque importante per il contributo al PNL (circa il 20%), specie in Uzbekistan, Kyrgyzstan e Tajikistan. I dati disponibili da fonti internazionali confermano come questi tre Paesi siano quelli con maggiori potenzialità di sviluppo del settore, dove esiste una concreta domanda di ammodernamento ed efficientamento finalizzato anche all’export dei locali prodotti agricoli.

L’Uzbekistan, con i suoi 33 milioni di abitanti e 27 milioni di ettari di terreno agricolo (60% del totale), risulta il più interessante sotto il profilo settoriale. Ha una produzione concentrata su cereali, semi oleosi, cotone ed ortofrutta. è anche un esportatore consolidato di cotone, uva (fresca ed essiccata) e ciliege. Il Paese ha ricevuto importanti finanziamenti internazionali per lo sviluppo del sistema idrico, l’accesso all’acqua e per progetti agroindustriali. Una recente iniziativa ha riguardato l’efficientamento agricolo e la resilienza climatica nel settore zootecnico.

Il Kyrgyzstan (6,2 milioni di abitanti) dispone di circa 10 milioni di ettari di terreno agricolo (50% del totale). La produzione si focalizza su cereali ed ortofrutta, il settore sconta le criticità derivanti dall’orografia, una sequela di montagne e strette vallate, ma ha dalla sua risorse idriche importanti essendo l’unico Paese in Asia Centrale pressoché autosufficiente. Beneficia di finanziamenti internazionali per progetti nel settore della gestione acque e dei sistemi irrigui, e per lo sviluppo di un’agricoltura climate-resilient e che punti sulle tecnologie green.

Il Tajikistan (6,7 milioni di abitanti) ha terreni agricoli per circa 4,7 milioni di ettari (30% del totale) e produce in particolare cotone, cereali, ortofrutta, e semi oleosi. Anche in questo caso l’agricoltura deve fare i conti con una natura sfidante: il 93% del Paese è coperto da montagne. La disponibilità di acqua consente l’irrigazione su ampie aree coltivate e presenta opportunità di innovazione tecnologica. Il settore è trainato da una discreta industria alimentare. Sui mercati esteri si esportano soprattutto cotone, ortaggi e frutta secca. Di recente la EBRD (Banca europea della Ricostruzione e dello Sviluppo) ha finanziato un’iniziativa nel campo della produzione ed assemblaggio di trattori destinati alla vendita sia sul mercato locale che in Paesi limitrofi.

Strumenti di pagamento, Trade Finance e sistema bancario. Anche con riguardo al sistema bancario di questi Paesi ha senso accomunare la Turchia ai Paesi dell’Asia Centrale. Infatti, sono proprio le banche turche, più solide ed evolute, a poter svolgere un ruolo di intermediazione e gestione delle operazioni, grazie alla loro presenza ed ai loro legami storici con quei Paesi. La Turchia ha un sistema bancario diffuso – viaggiando nel Paese si può notare la grande presenza di sportelli specie nelle aree urbane – costituito da banche, anche estere, di dimensioni importanti e con una forte propensione ai servizi per il commercio internazionale. Una prova indiretta è che molte banche italiane, all’interno dei loro uffici di financial institutions che tengono le relazioni con le banche estere, assegnano un desk dedicato a questo mercato. In Turchia, oltre ad alcune banche italiane, c’è una presenza significativa e commercialmente molto proattiva di banche spagnole, inglesi e olandesi. Parlando di strumenti di pagamento, riferiti al prodotto macchinario, il ricorso al bonifico non rappresenta il mezzo abituale in questi mercati e per nuove controparti. Il sistema bancario turco è in grado di gestire tutte le diverse forme di pagamento più complesse: collection, crediti documentari e garanzie internazionali regolate da norme della Camera di Commercio Internazionale ICC. Diffuso è anche il ricorso a strumenti di trade finance e export finance in grado di finanziare l’operazione a valere sugli impegni assunti dalle banche delle parti.

La dinamicità commerciale delle banche turche è nota, può accadere infatti che siano loro stesse a proporre l’operazione di un loro cliente con controparte italiana a più banche italiane per spuntare le migliori condizioni. Come sempre nel rapporto fra banche è premiante l’ampiezza delle relazioni, che non riguarda solo la canalizzazione delle transazioni ma anche la collaborazione sui cambi, la partecipazione ad operazioni in pool, i limiti di credito reciproci, le durate. Soprattutto in caso di assunzione di rischi (ad esempio la conferma di un credito documentario) l’impresa italiana dovrebbe preventivamente consultare le proprie banche per verificare: le banche turche di gradimento, la disponibilità ad intervenire, la durata massima per l’assunzione rischio, i costi. Elementi che, come è evidente, impattano direttamente sulla formulazione dell’offerta commerciale.

Asia Centrale. Il sistema bancario di questi Paesi si caratterizza per un settore dominato dalle banche di Stato, e un processo di privatizzazione ancora in corso che, sebbene supportato da banche e Organismi internazionali, deve confrontarsi con un ambiente regolatorio i cui standard devono ancora adeguarsi a quelli internazionali, con un regime dei cambi non completamente liberalizzato, con un diritto di proprietà, commerciale e di risoluzione delle dispute anch’esso oggetto di riforme solo avviate. In questo scenario, è essenziale condividere fin dalle fasi iniziali l’operazione con la propria banca, verificando gli elementi di costo previsti e la capacità di assistenza nel paese estero anche attraverso corrispondenti diretti o di paesi terzi (es banche turche).

Finanziamenti Internazionali. Come già indicato, le opportunità per le imprese – specie per i mercati dell’Asia Centrale – vanno individuate nelle iniziative finanziate dagli Organismi finanziari Internazionali e dai Fondi di sviluppo. D’altra parte, il processo di sviluppo di queste economie e  per il settore agroindustriale le urgenti necessità di efficientamento e di rafforzamento delle imprese locali private (di fatto nate dopo la fine dell’URSS) non può che procedere anche grazie agli aiuti internazionali. Nell’area sono attivi soprattutto alcuni organismi: EBRD, European Bank for Reconstruction and Development; ADB Asian Development Bank; World Bank; Unione Europea ma anche altri Enti di sviluppo come il Japan International Cooperation Agency oppure fondi del Golfo. A molte di queste Istituzioni aderisce l’Italia, che di recente (maggio 2025) ha ospitato a Milano per la prima volta il 58° Annual Meeting ADB.

Opportunità di business. Il monitoraggio, da parte delle imprese, dei progetti o settori finanziati è un’attività che può certamente consentire di mettere a fuoco possibili spunti commerciali. Proviamo a sintetizzarli. I bandi di gara: finanziano progetti di cui è spesso beneficiario un ente locale e che prevede la messa al bando attraverso gare internazionali (aperte quindi alle aziende dei Paesi aderenti) dei servizi/prodotti oggetto del finanziamento.

I settori finanziati: la conoscenza dei progetti finanziati permette di identificare quelli nei quali la potenziale controparte può accedere a fondi agevolati migliorandone la capacità di ripagamento

Gli Strumenti di mitigazione del rischio: la EBRD da anni ha varato il Trade Facilitation Programme (TFP) con il quale emette garanzie in favore delle banche dell’esportatore a copertura dei rischi politici e commerciali di mancato pagamento. In tal modo le banche partner di EBRD (anche italiane) potranno condividere il loro rischio con EBRD ed in termini pratici avere più spazio per confermare – ad esempio – lettere di credito provenienti da questi Paesi o garanzie da loro aziende rilasciate in favore di imprese italiane. Strumenti di condivisione del rischio con il sistema bancario italiano sono messi a disposizione anche da altri Organismi internazionali.

Per fornire una indicazione dei valori di questi interventi possiamo citare gli ultimi dati EBRD per i tre Paesi che abbiamo considerato con maggiore focus sull’agroindustria. In Uzbekistan EBRD dal 2017 ha investito 3 miliardi di euro su circa 90 operazioni, in Tajikistan dal 2015 509 milioni su 73 operazioni e in Kirghizistan 179 milioni su circa 70 progetti dal 2017.

I settori principali destinatari dei finanziamenti – escluso la riforma del settore pubblico – sono stati i comparti delle infrastrutture, dell’energia, dei trasporti, della gestione ed accesso all’acqua. Gli interventi sull’efficienza idrica sono quelli più interessanti da monitorare perché collegati anche allo sviluppo dell’agricoltura locale. Per l’agroindustria abbiamo già citato in precedenza alcuni progetti ed iniziative finanziate.

Qualche considerazione finale su quest’ultima sezione. Partecipare alle gare – o stabilire forme di collaborazione con aziende che vi partecipano – è un modo che può facilitare l’accesso ai nuovi mercati dell’Asia centrale, tenendo conto che in tal modo si possono anche minimizzare i rischi connessi. Stiamo parlando infatti di mercati allo stato non sanzionati, ma comunque ad alto rischio anche per la loro prossimità a paesi sanzionati. Le regole poste dall’organismo finanziatore minimizzano tale rischio essendo oggetto di un pre-assessment dello stesso. Sul piano dei pagamenti le forme adottate sono in linea con gli standard internazionali ed in alcuni casi avvengono direttamente dall’ente finanziatore estero. Poiché l’accesso a queste operazioni prevede comunque il ricorso alla propria banca sarà utile confrontarsi con la stessa per verificare se essa già abbia operato con l’organismo finanziatore.

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