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Tecnica

Sistemi per la riduzione delle emissioni gassose dei trattori

Conoscere l’effettiva richiesta di potenza delle macchine operatrici evita il sovradimensionamento del trattore. Oltre a sensibili risparmi economici, ciò si traduce in un miglioramento dell’efficienza d’uso del motore della macchina, che comporta anche una tangibile diminuzione delle emissioni inquinanti

di Lavinia Eleonora Galli
maggio-giugno 2025 | Back

L'impiego dei motori endotermici, in particolare quelli alimentati con combustibili di origine fossile, è oggi riconosciuto come una delle principali fonti di inquinamento atmosferico e di impatto nocivo sulla salute umana. La combustione del gasolio, il combustibile tuttora di elezione dei veicoli da lavoro, genera infatti diversi inquinanti: i principali sono il particolato (PM), gli ossidi di azoto (NOx), il monossido di carbonio (CO) e gli idrocarburi incombusti (HC). Per porre un rimedio a tale situazione, a partire dal 1996 sono stati introdotti in Europa, e parallelamente negli Stati Uniti, specifiche regolamentazioni ambientali atte a limitare le emissioni dei motori installati su veicoli “non-road”, ovvero destinati ad operare fuori strada. Analogamente a quanto stabilito con le normative “Euro” applicate all’ambito automotive, il settore non-road è stato oggetto di specifici standard, in Europa con la classificazione in “Stage” (dallo Stage I allo Stage V), e negli Stati Uniti con la normativa “Tier” (da Tier 1 a Tier 4 Final), che hanno introdotto limiti progressivamente più stringenti sulle emissioni ammissibili, con l’obiettivo di incentivare l’innovazione tecnologica e promuovere la sostenibilità ambientale.

Il rispetto di tali limiti ha richiesto un approccio tecnico complesso: si è operato sia ottimizzando il rendimento di combustione dei motori (con la sovralimentazione, la gestione elettronica e l’iniezione ad altissima pressione), sia applicando contestualmente uno o più sistemi o dispositivi integrativi, come il parziale ricircolo dei gas di scarico (EGR), il filtro antiparticolato (DPF), la riduzione catalitica selettiva (SCR) e il catalizzatore ossidante (DOC) (v. box).

Miglioramento delle prestazioni del motore. Già qualche decina di anni fa, la combustione nei motori endotermici è stata migliorata con l’applicazione del turbocompressore (ancora meglio se a geometria variabile), che permette di bruciare il gasolio in “eccesso d’aria”, garantendo quindi in qualsiasi condizione di funzionamento il più efficiente rapporto comburente-combustibile. Un’ulteriore innovazione, relativamente recente, che ha fornito un importante impulso verso il miglioramento delle prestazioni è stato il common rail, una tecnologia che permette di iniettare il combustibile ad altissima pressione (ben oltre i 2000 bar) in modo preciso e controllato, a tutto vantaggio di una più fine nebulizzazione del gasolio, che in tal modo si può miscelare più efficacemente con il comburente, cioè l’ossigeno contenuto nell’aria, comportando una combustione più completa e, di conseguenza, un minor impatto ambientale.

Ad assicurare una gestione sempre più complessa e articolata dei moderni propulsori provvedono da qualche tempo specifiche centraline elettroniche (ECU). Si tratta di sistemi molto avanzati concepiti per adattare, in tempo reale, le condizioni di funzionamento del motore attraverso l’uso di sensori che rilevano pressione, temperatura, portata d’aria, contenuto di ossigeno. Grazie a questi sensori, le centraline sono in grado di regolare in modo dinamico la fasatura dell’iniezione, l’attività della valvola EGR e i parametri della sovralimentazione, contribuendo così ad un controllo sempre più preciso della combustione. Anche la conformazione della camera di combustione gioca un ruolo cruciale nell’efficienza di miscelazione del combustibile e del comburente, mentre l’adozione di combustibili alternativi (biodiesel, HVO, ecc.) può aiutare a ridurre ulteriormente l’impatto inquinante.

Le curve motore di potenza massima e parzializzata. Al fine di massimizzare l’efficienza, riducendo gli sprechi di potenza e gli eccessivi consumi, risulta fondamentale analizzare attentamente le prestazioni dei diversi motori, ottenendo delle curve prestazionali in termini di coppia motrice, potenza e consumo specifico. I dati, ricavati solitamente mediante prove sperimentali al banco, forniscono indicazioni utili per la corretta gestione del propulsore in funzione dell’accoppiamento con la trasmissione e delle esigenze del carico da gestire. In condizioni di piena mandata, cioè quando l’acceleratore è premuto a fondo, all’aumentare della coppia resistente il motore risponde con un corrispondente aumento di quella motrice e una contestuale riduzione del regime di rotazione. Continuando ad aumentare la coppia resistente, è possibile quindi individuare un regime di coppia massima, oltre il quale quest’ultima decresce. La potenza massima si verifica invece solitamente ad un regime vicino a quello massimo, mentre il minimo consumo specifico (ovvero la condizione di massima efficienza di funzionamento del motore) viene registrato ad un valore intermedio.

Tuttavia, il funzionamento costante a pieno carico rappresenta solo una condizione sporadica nell’uso effettivo del motore, soprattutto in ambiti come l’agricoltura, i trasporti e le applicazioni industriali, dove i propulsori operano per lunghi periodi erogando una potenza inferiore a quella massima. È proprio in questi ambiti che si verificano gli andamenti delle curve motore cosiddette “a carico parzializzato”, che descrivono come variano coppia, potenza e consumo specifico al mutare del regime di rotazione, ma a livelli di carico sempre inferiori al 100%, ad esempio al 25, 50 o 75%. Si tratta di indicazioni che rappresentano in modo più realistico l’impiego reale del mezzo, consentendo pertanto un’analisi più precisa dell’efficienza globale del motore.

Infatti, su queste curve è possibile individuare determinati “punti di funzionamento”, ovvero le condizioni operative migliori, dove il motore evidenzia il minor consumo specifico possibile. Si tratta di un’informazione chiave per ottimizzare le prestazioni in condizioni reali, non solo per contenere i consumi di gasolio, ma anche per ridurre le emissioni inquinanti e allungare la durata dei componenti meccanici. L’analisi a carichi parziali assume un ruolo ancora più strategico nella messa a punto delle logiche di controllo elettronico, poiché consente di calibrare in modo molto preciso la gestione dell’iniezione, della sovralimentazione e del ricircolo dei gas di scarico, adattando il funzionamento del motore alle esigenze operative, senza penalizzarne l’efficienza.

L’ambito agricolo. Nel contesto dell’impiego agricolo, la corretta valutazione delle performance dei motori dei trattori, rispetto alle reali esigenze di potenza delle macchine operatrici, è un aspetto centrale per la valutazione dell’efficienza energetica e la sostenibilità economica dell’intera attività. Sebbene le specifiche tecniche dei trattori offrano un ampio ventaglio di potenze nominali e massime, il fabbisogno energetico effettivo, durante le lavorazioni di campo, è spesso ben inferiore alla potenza massima disponibile. Questa discrepanza è particolarmente evidente nelle lavorazioni cosiddette leggere, quali ad esempio i trasporti su strada e le operazioni che coinvolgono attrezzature a basso assorbimento di potenza, come seminatrici universali, sarchiatrici, ranghinatori, spandiconcime, ecc.

Un’analisi dettagliata del profilo di utilizzo delle attrezzature consente pertanto di individuare il regime motore ideale e le effettive condizioni di carico (parzializzato) con le quali il propulsore lavora per la maggior parte del tempo. In molti casi, la richiesta di potenza reale si attesta su valori tra il 30 e il 60% della massima; quindi, un motore progettato per garantire alte prestazioni a pieno carico potrebbe risultare meno efficiente quando opera in condizioni di carico ridotto e a regimi intermedi. In presenza di un sovradimensionamento del trattore rispetto alle reali esigenze operative, si genera una condizione nota come spreco di potenza, che si traduce in una sistematica e inutile dissipazione di energia, con molteplici conseguenze negative. In primis, l’aumento del consumo di combustibile, poiché il motore lavora in una zona lontana dal suo punto di massima efficienza. L’improduttivo surplus di potenza può determinare anche un incremento delle emissioni di inquinanti, oltre ad una maggior usura (da impiego) dei dispositivi post-trattamento e, più in generale, di tutti gli organi in movimento. A livello economico, il sovradimensionamento si traduce in un costo di acquisto più oneroso, in costi di esercizio più elevati e in una gestione meno razionale della flotta aziendale. Per tutti questi motivi, è sempre più importante adottare un approccio tecnico razionale per la selezione della potenza del trattore, basato su un’analisi reale del fabbisogno energetico delle attrezzature e delle condizioni di impiego prevalenti. La scelta oculata del motore, calibrata sulle curve di coppia, potenza e consumo specifico a carichi parziali, permette di ottenere un compromesso ideale tra prestazioni, consumi e sostenibilità ambientale.


I dispositivi antinquinamento

Per rispettare i rigorosi limiti imposti dalle più recenti versioni delle normative in materia, non è più sufficiente ottimizzare la combustione, ma risulta indispensabile avvalersi di varie specifiche soluzioni anti-inquinamento. Quelle maggiormente adottate sui motori per veicoli destinati ad operare nel settore non-road sono EGR, DPF, SCR e DOC.

L’EGR (Exhaust Gas Recirculation) prevede la reintroduzione di una frazione dei gas di scarico in camera di combustione, al fine di ridurre la temperatura alla quale avviene la combustione del gasolio, riducendo in tal modo la formazione degli ossidi di azoto (NOx).

Il DPF (Diesel Particulate Filter) è un filtro fisico con struttura a nido d’ape, il cui scopo è quello di trattenere il particolato solido (PM) generato dalla combustione del gasolio.

L’SCR (Selective Catalytic Reduction) agisce nebulizzando sui gas di scarico una soluzione di urea (AdBlue), che in presenza di un catalizzatore converte gli NOx in azoto molecolare (N₂) e vapore acqueo (H₂O).

Il DOC (Diesel Oxidation Catalyst) favorisce l’ossidazione di monossido di carbonio (CO) e degli idrocarburi incombusti (HC), migliorando la qualità dei gas in ingresso al DPF e contribuendo quindi al mantenimento delle sue originali caratteristiche di funzionamento.

Per soddisfare i limiti progressivamente stringenti imposti dalle normative, questi sistemi devono essere sempre più spesso applicati contestualmente e in modo sinergico, così da garantire un’azione combinata su tutti i principali inquinanti.

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